lunedì 19 marzo 2012

Ecco lo yogurt anarchico

Ecco lo yogurt anarchico secondo il metodo già descritto.
Qui lo vedete condito all'uso greco con miele e noci ma anche con la marmellata può andare incontro ad una degna morte.
In alternativa può essere impiegato in preparazioni salate come la salsa tzatziki (io la faccio con aglio e cetriolo schiacciati, sale e pepe) che può essere sostituita alla maionese risparmiando una consistente quantità di chilocalorie.


domenica 18 marzo 2012

Cascioni con i rosoli

"San Jusef, San Jusef, fa ch'um crésa 'e pet (San Giuseppe, San Giuseppe, fa che mi cresca il petto)."
Questa era l'invocazione delle ragazze da marito che, per questa ricorrenza, di ovvie origini pagane, affidavano la crescita del proprio seno a San Giuseppe.
Come spiegato da Eraldo Baldini ne La Sacra Tavola, per la ricorrenza di San Giuseppe le ragazze osservavano un giorno di vigilia che prevedeva erbe di campo ed insalate. Se questa non fosse stata rispettata San Giuseppe sarebbe passatto con il pialletto ad appiattire il seno della poverella.
Questa tradizione è ovviamente legata ai cicli della terra che, con l'equinozio, dopo il sonno invernale, si risvegliava ed iniziava a dare i propri frutti.
Quindi, durante la veglia di san Giuseppe, davanti alla focaraccia, non possono mancare i cascioni alle erbe ed in particolare quelli con i rosoli.

I rosoli vanno preparati a crudo nel seguente modo.
Puliteli e tagliateli finemente. Riponeteli in una terrina e salateli con sale fino. Non salateli troppo, fate come se fosse un'insalata. Lasciateli riposare finché non saranno appassiti e strizzateli. Finite di condirli con aglio olio extravergine d'oliva ed abbondante pepe.
Questo sarà il compenso dei vostri cascioni.
Ora bisogna preparare la piada (1 kg di farina, 150 g di strutto o altro grasso, un pizzico di sale ed acqua quanto basta).
Tirate l'impasto e tagliate dei cerchi aiutandovi con un piatto piccolo. Su una metà del cerchio ottenuto riponete i vostri rosoli:

Prima di chiudere il cascione, intingendo le dita in acqua, bagnate il bordo del cascione così non vi si aprirà durante la cottura. Una volta chiuso ripassate il bordo schiaccindolo con i rebbi di una forchetta e praticate dei fori.

Ora non vi resta che cuocerlo sulla teglia a fuoco basso.
Una variante molto gustosa sono i cascioni fritti. In questo caso l'impasto non è quello della piadina ma semplicemente farina impastata con acqua ed un uovo. Procedete come per i cascioni normali ma non praticate i fori finali altrimenti vi si riempiranno di olio. Friggeteli in abbondante olio caldo in modo che la temperatura rimanga più costante possibile.
La cottura è molto veloce: appena imbiondiscono sono pronti.


venerdì 16 marzo 2012

Pagnotta pasquale - ricetta Gregoroni

Ogni piatto della tradizione romagnola presenta tante varianti quante sono le famiglie che lo preparano ed è perciò fondamentale identificarne la provenienza.
Sono ricette che, almeno fino alla generazione precedente alla mia, venivano trasmesse per materlinearità. Quella che vi propongo me l'ha data la mia mamma che a sua volta l'ha appresa da sua mamma che l'ha imparata dalla mia bisnonna e così via fino alla notte dei tempi.
Se pensiamo all'economia di sussistenza in cui si viveva 70 anni fa, la pagnotta era un piatto molto ricco e veniva preparata per una ricorrenza importante: la Pasqua.
La pagnotta è sostanzialmente un pane dolce e sostanzioso che accompagna la colazione della mattina di Pasqua che prevede: uova (benedette per chi ci crede), qualche fetta di salame (questo il prete non lo benedice), pagnotta, un bicchiere di latte ed un caffè.
Ad ogni modo, per variare maggiormente le colazioni del resto dell'anno, io che sono miscredente e che non vivo in un'economia di sussistenza, la pagnotta la faccio tutto l'anno.

Le dosi che vi darò sono adatte per la preparazione di due belle pagnotte, se siete alle prime armi dimezzatele.
Ingredienti:
farina 1,7 kg circa
latte 300 cl
lievito di birra 150 g (dal fornaio lo trovate sfuso)
zucchero 350 g
burro 150 g
uvetta passa 300 g
una presa di sale
scorza di limone grattugiata
liquore all'anice secco (tipo Varnelli) un bicchiere
uova 4 + 1 per spennellare la pagnotta

Preparazione:
Preparate un impasto con la il latte, il lievito e farina quanto basta.
Lasciate lievitare una notte e preparate tutti gli altri ingredienti lasciandoli fuori frigo: dovranno essere a temperatura ambiente.
La mattina seguente mettete a bagno l'uvetta per un paio d'ore e sbattete le 4 uova con lo zucchero, i liquore all'anice, la scorza di limone, il sale ed il burro.
Unite il composto all'impasto lievitato e lavoratelo bene aggiungendo mano a mano la farina fino ad ottenere un impasto omogeneo e consistente. Aggiungete l'uvetta ed impastate delicatamente cercando di non rompere gli acini.
Ungete una teglia, magari una di quelle a cerniera, metteteci il vostro impasto e bagnatelo con l'uovo sbattuto (non troppo, quel tanto che basta perfornirle quel colore brunito). Incidetene la superficie con un coltello disegnando la simbologia che più vi aggrada (croci, rune, pentacoli ecc.): vi servirà per controllare la lievitazione.
Lasciate lievitare qualche ora: deve raddoppiare il volume.

Infornate a 160 °C e cuocete per circa 40 minuti. Il tempo di cottura dipende dalla dimensione della pagnotta.
Appena tolta dal forno sformatela senza romperla e lasciatela riposare capovolta su un torcione.
Quando si sarà raffreddata, onde evitare che si secchi, potete conservarla in un sacchetto di plastica.
I valori nutrizionali stimati sono:
357 kcal/hg
69 % di carboidrati
9 % di proteine
7 % di lipidi.


venerdì 9 marzo 2012

Cavolfiore all'uso di Romagna

In quasi tutti i programmi di quella latrina che chiamiamo televisione non può mancare il nutrizionista che impartisce utili consigli sul come soddisfare la nostra esigenza di cibo evitando una morte prematura: mangiate molta frutta, verdura di stagione, bacche e scarnìse.
A condimento di queste preziose indicazioni c'è sempre una vasta gamma di accidenti in cui potrebbe incorrere chi non rispetta le prescrizioni: colesterolo, cancheri, colpi secchi e, per finire, impotenza.
Bisogna comunque dare atto che queste raccomandazioni, se depurate dall'allarmismo e dai sensi di colpa che tentano di ingenerare, hanno un senso: durante l'ultimo secolo siamo passati da un'alimentazione al limite della malnutrizione ad un regime iperproteico ed ipercalorico impoverendo la dieta tipica di questo animale onnivoro che chiamiamo Homo Sapiens.
Più o meno siamo quindi tutti d'accordo sul fatto che mangiare più frutta e verdura sia una scelta saggia ma bisogna anche dire che spesso i vegetali non si fanno volere bene:
- la loro preparazione richiede spesso procedure lunghe e noiose (conciare fagiolini, piselli o asparagi, pelare patate o cipolle sono tra i lavori più noiosi);
- se considerate le alte percentuali di scarti che hanno le verdure il loro prezzo è relativamente alto;
- frutta e verdura sono spesso oggetto di attacchi speculativi (basta una piccolo mal di pancia di Eolo che i prezzi schizzano alle stelle anche per quegli ortaggi che crescono in serra o sono importati);
- spesso alle verdure si associano sapori delicati e poco gratificanti.

Per ovviare a questi inconvenienti vi propongo la ricetta n. 388 dell'Artusi: Cavolfiore all'uso di Romagna:
- il cavolfiore è facile da pulire ed ha una buona resa in termini di percentuale edibile;
- in generale ha dei prezzi contenuti;
- è un ortaggio invernale e il freddo gli fa il solletico;
- è saporito specialmente preparato come da ricetta indicata.

La ricetta è la seguente:
"Dividete una grossa palla di cavolfiore, o due se sono piccole, in spicchiettini che laverete; e così crudi, senza asciugarli, cuoceteli in questo modo: ponete al fuoco un battuto proporzionato di aglio, prezzemolo e olio, e quando sarà rosolato fermatelo con un gocciolo d'acqua. Gettateci allora il cavolfiore condendolo con sale e pepe e quando avrà assorbito il battuto tiratelo a cottura mediante conserva di pomodoro sciolta nell'acqua calda. Dategli grazia e più sapore col parmigiano quando lo mandate in tavola, ove può servir per contorno al lesso, a un umido o ad un coteghino."